Investimenti e progetti ambiziosi per il continente nero, ma nessuna forma di colonialismo. L’intervista con l’esperto in materia Andrea Spinelli Barrile
di Damiano Rulli
E’ noto a tutti che la Cina sta facendo grandi investimenti in Africa tanto da destare la preoccupazione dei governi occidentali. Per avere chiaro quanto sta accadendo mediafrequenza ha il piacere di ospitare Andrea Spinelli Barrile co fondatore di Slow News ed esperto di questioni africane.
Da alcuni anni si sta occupando del continente africano visitandolo spesso e pubblicando numerosi articoli riguardanti la vita, la politica dei sui abitanti.
L’Africa è diventata la mia grande passione. E’ dal 2012 che lavoro quasi esclusivamente su questo argomento e faccio circa due viaggi l’anno anche se il 2020 sarà un po’ sfortunato a causa del coronavirus. L’ultimo mio viaggio è stato in Etiopia a febbraio. L’Africa è un continente che merita una narrazione completamente diversa da quella che ne viene fatta, anche perché è piena di opportunità economiche e dal punto di vista umano.
Economicamente parlando la Cina ha conquistato l’Africa…
Quello che dici è vero anche se è molto particolare come cosa. La Cina ha un approccio del tipo: io vengo faccio gli investimenti e non mi importa niente se tu stai violando i diritti umani, tu fai come vuoi basta che mi permetti di fare lo stesso con i miei investimenti. Il grande problema della Cina in questo momento è un grande bisogno di materie prime abbondanti in Africa. Lei investe per avere un grande tornaconto personale. Ad esempio la prima linea ferroviaria tra l’Etiopia e l’Eritrea dovrebbero costruirla i cinesi riciclando i loro treni a lievitazione magnetica che usavano 10 anni fa. Comprendi che le opportunità che offre la Cina con i suoi investimenti sono enormi.
C’è pericolo che la Cina prenda il potere politico delle nazioni africane in cui investe, di una vera e propria colonizzazione?
Secondo me assolutamente no, perché non è nell’interesse di nessuno. Il mondo oggi è troppo maturo per sopportare una cosa del genere e poi non c’è l’interesse dei cinesi. Il ragionamento che fanno è il seguente: perchè mi devo sobbarcare anche di responsabilità politiche nel momento in cui io posso venire, investire e prendere quello che mi serve? E’ impensabile che venga lasciato in balia di altri. Non è assolutamente contemplabile.
Pensa che dietro i vari disordini politici in alcuni paesi africani ci siano i paesi occidentali, USA in primis, che vogliono far andare al potere persone che tutelano i loro interessi?
In realtà mi sento di smentire quanto mi stai dicendo. Cinque anni fa parlai con l’ambasciatore americano a Nairobi che mi disse stavano abbandonando le loro aspirazioni nel continente e che avrebbero mantenuto solamente gli interessi petroliferi in Mozambico, qualcosa in africa occidentale ma niente di sostanziale. E’ vero che c’è il discorso del dollaro che è una moneta che circola molto in Africa. Oggi gli USA non hanno molta ingerenza politica di certo notevolmente minore rispetto alla Cina. Il volume degli investimenti americani è inferiore a quello dell’Italia. Poi ci sono situazioni differenti essendoci 55 paesi.
Gli investimenti cinesi posso andare contro quelli italiani e dell’Eni?
L’Eni è una nazione economica a parte. Per farti capire l’influenza che ha in Africa la moglie dell’amministratore delegato, Caludio De Scalzi è Julienne Sassou Nguesso figlia del presidente della Repubblica del Congo (Congo francese) Denis Sassou Nguesso. L’Eni comprendi agisce da stato vero e proprio, per capirci ha degli uomini che sono come ambasciatori per certi versi.
C’è comunque una grossa concorrenza cinese con l’italia per quanto riguarda i prezzi nel campo ferroviario, sulle infrastrutture ed edilizia. La Cina è molto concorrenziale anche per quanto riguarda la mano d’opera.
La Cina ha fatto un grosso investimento ferroviario in Etiopia, dove gli italiani sono sempre ben visti, grazie a prezzi molto bassi.
Ci sarebbe molto altro da dire sull’Africa ma non le prendo altro tempo
Ringraziamo Andrea Spinelli Barrile che ospiteremo ancora sul nostro giornale per parlare della situazione Libica e soprattutto del caso Regeni.