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TEATRO DELLA CONCORDIA, UNA STORIA CHE NON PUÒ ARRENDERSI

S.O.S. cultura per il piccolo tempio goldoniano di Montecastello di Vibio, dove la Lollo mosse i primi passi. Ricordi e speranze del presidente e direttore Edoardo Brenci

di Davide Iannuzzi

Sono poco più di 1500 gli abitanti di Montecastello di Vibio, borgo medievale come i tanti che adornano i manti erbosi della bella Italia, arroccato in cima a una collina poco fuori Perugia. Un ‘silenzio assordante’ pervade la piccola frazione umbra, è l’eco del grido di allarme per la storia e le tradizioni che rischiano di smarrirsi tra i labirinti del razionalismo, come smarrito sembra essere l’orgoglio di un’identità sopraffatta dalle logiche del profitto, quell’identità che amiamo chiamare ‘cultura’. Ma nel purgatorio del “terzo settore” le iniziative latitano per la mancanza di chiarezza sulle politiche di interventismo economico, generando ristagno burocratico e inevitabili frenate degli organismi indipendenti, custodi più che mai sognatori, del patrimonio artistico/architettonico. Il patrimonio di Montecastello di Vibio cristallizza nel suo piccolo tempio goldoniano, il Teatro della Concordia che vanta il primato di esse la struttura teatrale più piccola del mondo, tra quelle che soddisfino i requisiti strutturali di un Teatro d’Opera a forma di campana e con il plafone a camorcanna. Affrescato da Luigi Angretti il Teatro fu realizzato all’inizio dell’Ottocento, nel periodo dell’occupazione napoleonica, per volontà di nove benestanti famiglie locali, e inaugurato nel 1808. Il nome traeva ispirazione dagli ideali della rivoluzione francese, appunto, libertà, uguaglianza e fratellanza. Come tante altre strutture di epocale fascinazione il piccolo gioiello umbro non può e non vuole restare in balia dei fondi istituzionali del decreto “Cura Italia” varato dal Governo lo scorso 17 marzo, che destinano 130 milioni di euro alle emergenze dello spettacolo e del cinema, ma di fatto non ancora attuato nel sospirato Fondo di Emergenza. Che il Teatro sia considerato semplice deriva delle arti performative?Abbiamo incontrato il Direttore del Teatro della Concordia, Edoardo Brenci per parlare di questo, e qualche amarcord.

Quale è il peso specifico del Teatro della Concordia, sia in chiave culturale che territoriale?

Il Teatro della Concordia a Monte Castello di Vibio faceva parte di un progetto della regione Umbria degli anni 90, dei 18 teatri storici reastaurati con i fondi della comunità europea. La regione dell’Umbria è stata la prima ad aver preso questa iniziativa in Italia. Fondi della comunità europea significa valore europeo grazie a tale iniziativa.
Una volta restaurata questa miniatura di teatro, nel ’94 diventa di proprietà pubblica (prima era di proprietà privata), espropriata agli eredi dei proprietari e salvata con il restauro nella sua struttura settecentesca e nella sua miniatura del teatro all’italiana, quello d’Opera storico nello stile Goldoniano. Carlo Goldoni predicava che i teatri dovevano essere costruiti a forma di campana con il plafone a camorcanna, una intelaiatura sopra i palchi di legno, e al di sotto plafone a camorcanna che da la funzione di cassa armonica. Il Comune si è trovato a gestire con difficoltà una struttura importante. A questo punto viene costituita un’associazione culturale (società del Teatro della Concordia) che io rappresento inizialmente nel direttivo e dal 97′ come presidente. L’associazione incarna l’impegno civico in Italia nel curare il patrimonio artistico e culturale, compito delle associazioni, quanto certamente delle istituzioni. In 25 anni il teatro è diventato un attrattore internazionale. Lo slogan Teatro più piccolo del mondo è motivato dal fatto che la miniatura di teatro settecentesco debba avere la sua forma a campana con plafone a camorcanna e la struttura dei palchi interamente in legno come principali caratteristiche. Se altri teatri non hanno queste peculiarità non rientrano nel confronto, indipendentemente dalla loro capienza. Le nove famiglie che lo costituirono scrissero nell’ottocento che la civiltà non si misura a cubatura e a metri quadri.

Tutto questo stabilisce un primato

Chiamiamolo primato, che nessuno ci ha riconosciuto, se non gli oltre 200.000 visitatori che sono accorsi.

Come tutto questo si è riverberato sul turismo di questo Comune, grazie a una gestione più curata della struttura?

Più curata e più snella, non imbrigliata nelle procedure burocratiche. Montecastello di Vibio è un borgo medievale, e come tutti i borghi della nostra Italia soffre del fatto che sia spopolato, che si trovi in cima a una collina e per comodità non viene scelto per viverci. Viene invece scelto da chi ama uno stile di vita più consono, e in questo recente momento di pandemia, siamo un po tutti tornati a considerare certi valori e modalità di vita. Nel 1568, uno scrittore cartografo che si chiamava Cipriano Piccolpasso lasciò scritto che “si rivela la vita ideale, la migliore che ci fosse, e che gli homini di ottanta sembrano di averne 35”. Personalmente ho vissuto a Milano e a Roma e ho sempre cercato una strada per tornare al mio paese, e quando torno il teatro riapre.

In questo momento i dipendenti sono totalmente a carico dell’associazione culturale?

Sono a carico dell’associazione, abbiamo una convenzione con il comune di gestione che ci aiuta per le utenze e contratti normativi (quelli di ordinaria manutenzione sono di competenza dell’associazione). Come terzo settore ancora non abbiamo informazioni di ciò di cui possiamo usufruire, se non piccole agevolazioni sulle spese di apertura dei protocolli, vantaggi che derivano da una riduzione del 50 per cento delle imposte. Le associazioni pagano poco di imposta e al momento per noi i vantaggi sono minimi. Con la cassa integrazione l’associazione riesce ad abbattere parte dei costi e a prolungare la sicurezza di qualche altro mese di stipendio.
Non è un grido di dolore che stiamo lanciando ma un modo di dire agli organi in alto che esistiamo.

Quali ricordi e aneddoti conserva nell’attività teatrale di tutti questi anni di grande impegno nella divulgazione delle arti da palcoscenico?

Abbiamo aperto le porte del teatro ad artisti amatoriali, comunque bravi, e alla ricerca di un palcoscenico. Ricordo una giovane chitarrista austriaca Johanna Beisteiner, quando nel 2000 aveva 19 anni vide un servizio nella tv tedesca, prese suo papà e con la Prince, macchina rumorosa, scesero a Montecastello perchè lei voleva suonare due note sul nostro palcoscenico. Ricordo le mani del papà, mani segnate dalla vita di contadino. Lei suonò e io gli promisi che sarebbe potuta tornare per un concerto. E tornata almeno altre 5 volte donandoci un concerto e oggi Johanna Beisteiner non solo è una chitarrista affermata, ma è una brava cantante e ballerina. Una donna che ha una forte anima artistica
Possiamo parlare di Lavinia Bocu, rumena che ha inviato una candidatura, e da noi ha tenuto due concerti. Sono loro i nostri ambasciatori nel mondo.

Qualche nome italiano?

Cito Gina Lollobrigida, pur non avendone vissuto direttamente l’esperienza per ovvi motivi anagrafici. L’8 settembre del 44 mosse i suoi primi passi nel Teatro della Concordia in Corinna di Eduardo Scarpetta. Si trovava a Todi come sfollata, dove c’era una compagnia amatoriale in cui entrò a far parte. In tempi molto più recenti abbiamo avuto il privilegio di ospitare Paola Gassman.

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