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LINA BATTIFERRI, E LE ALTRE DONNE DI FRANCA VALERI

In scena a Roma il condominio femminile interpretato da Paola Lorenzoni

di Davide Iannuzzi

Tutto pronto per lo spettacolo di questa sera al Teatro Garbatella di Piazza Giovanni da Triora, 15. A salire sul palco alle ore 21,00 saranno l’attrice Paola Lorenzoni e il chitarrista Nicola Buffa per dare vita a uno spettacolo esilarante che unisce Teatro e Musica in un corpo unico mosso da pulsioni armoniche e dalla forza della tradizione che sa fondersi al moderno e al comune senso dell’Interpretazione. Paola Lorenzoni fa di tutto questo una mission che può muovere i fili di un mestiere che diventa tessuto sociale, terapia di guarigione e nobile intrattenimento, non di quello epidermico del basso volgo, ne di quello imborghesito da da pesanti sovrastrutture. La misura giusta per essere specchio di vita, esistenzialismo setacciato e analizzato per il puro bisogno di comprensione, gustato assieme al sale dell’ironia. Paola Lorenzoni indossa la maschera di Lina Battiferri trascinandosi dietro una tradizione teatrale affrancata da storia, quella che dal primo dopoguerra ripartiva dalle gesta di grandi attori narratori della rinascita e grandi intellettuali che sapevano foraggiare i copioni di nobili idee. Tutto questo rivive nell’interpretazione che Paola Lorenzoni da alcuni anni continua a imprimere agli sketch della Valeri, già entrata nel suo centenario. Storicizzante omaggio e punto di ripartenza di un Teatro che ha bisogno di nuova linfa vitale, di alcune idee e soprattutto di forti prese di coscienza. Ne parliamo con la protagonista dello spettacolo che la critica sta imparando ad apprezzare anche come attrice di Cinema, grazie al cortometraggio “Lascolto ritrovato”, racconto intimista e travaso di contrapposti registri attoriali.

Paola Lorenzoni e il Maestro Nicola Buffa

M.F. Un personaggio chiave, Lina Battiferri per raccontare una complessità cosmica, quella del mondo femminile. Quale è l’elemento che unisce le donne raccontate da Franca Valeri alla moderna figura femminile?

Queste donne sketch, sono le donne di Franca Valeri e sono delle icone frutto di spunti che lei prendeva nei salotti a partire dagli anni cinquanta e sessanta. Questi schetch passarono inizialmente in radio quando lei conduceva il programma “piccola posta”. Furono le matrici di tutta la sua produzione, sia letteraria che teatrale e cinematografica. La genialità di questa donna ormai entrata nel suo centenario è aver inventato dei caratteri evergreen, assolutamente moderni.

M.F. C’è un motivo importante che vada oltre l’arte di sdrammatizzare, nell’esasperazione esilarante del ritratto femminile, in un momento storico in cui la donna, fortemente emancipata soffre ancora della discriminazione sessista, per non parlare delle varie forme di violenza che ne popolano la cronaca?


L’ironia come parte essenziale della sua stessa natura. Le donne di Franca Valeri non invecchiano mai a dimostrazione del fatto che l’ironia, la capacità di sdrammatizzare, è una delle espressioni più elevate dell’intelligenza. Ma anche una potente arma per difendere quella dignità non ancora del tutto conquistata.

M.F. Come nasce questo progetto teatrale?


Presentai per la prima volta questo spettacolo nel 2012 al Teatro Comunale di Noto grazie a Corrado Russo che mi ha aiutato a credere in questa idea. Non volevo interpretare Franca Valeri, mi sembrava lontano dalle mie corde. Corrado Russo, che è un uomo di teatro a tutto campo, insisteva nel mandarmi scketch della Valeri perchè era convinto che io potessi interpretarli senza scimmiottare la loro stessa autrice. Non sono ne un’attrice comica ne una intrattenitrice televisiva ma ho il dono della memoria più antica di quei salotti che riportavano il gusto e il clima di grandi attori. Così individuò in me l’attrice che meglio di altre potesse interpretare queste donne, sintesi di concetti universali.

M.F. Il teatro attraversa un momento molto difficile. Il recupero della tradizione come in “condominio al femminile” che strizza l’occhio all’avanspettacolo del primo dopoguerra può rappresentare un elemento di rilancio, anche per le nuove generazioni?


Credo che tutti dovrebbero vedere questo spettacolo, specialmente i giovani. Lo scorso anno lo presentai a Parma al Teatro Due dove alcuni studenti universitari che frequentano il posto per effettuare interviste per scopi didattici mi hanno detto che nonostante inizialmente abbiano faticato ad entrare nel clima dello spettacolo grazie ai diversificati dialetti che caratterizzato i testi hanno acquisito familiarità dopo pochi minuti fino subirne un totale trasporto. Così nacque un dibattito sui tempi comici della Valeri e sull’importanza che oggi il Teatro possa attuare questa azione di recupero e promozione dei classici, rivisitati da adattamenti moderni.

M.F. Possiamo considerare questo spettacolo anche una celebrazione del Made in Italy, se consideriamo la totale presenza e integrazione sul palco del maestro Nicola Buffa tradizionalmente impegnato nel recupero della musica mediterranea….


Direi di si, io sono un’assertrice della lingua italiana. E’ uno spettacolo Made in Italy con l’apporto del Maestro Nicola Buffa che è sicuramente un ricercatore delle sonorità mediterranee come dimostrano le musiche che ha composto per il cortometraggio “L’ascolto ritrovato” di cui ho scritto il soggetto e che ho interpretato come protagonista. Il suo apporto non è un semplice accompagnamento musicale ma un vero e proprio tracciato. Lui mi segue mentre la sua esecuzione si evolve in una vera interpretazione fino a diventare un dialogo tra musica e interpretazione teatrale integrate come in una partitura musicale. In un certo senso i testi di Franca Valeri sono delle partiture musicali.

M.F. Che scenario si prospetta all’orizzonte per il teatro?


Penso che il teatro non morirà mai perché è una forma completa che racchiude tante arti. Bisogna fare teatro; il Teatro fa vivere a lungo, guarisce malattie perché è un’essenza. Se il Teatro soffre è a motivo di cattive gestioni e approcci sbagliati. Ma la sua sopravvivenza dipenderà dal recupero della qualità e della meritocrazia. Molti teatri tradizionali propongono da sempre dell’ottima qualità ma non devono essere trascurate le piccole e medie produzioni che spesso possono godere di pochi incentivi per i debutti ma poi restano al di fuori delle politiche distributive. Il Teatro è una parte importante della ricchezza culturale del nostro Paese e merita di essere sostenuto. E con esso i suoi attori che sono tali per mestiere e professionalità e pertanto meritano il giusto sostegno, non solo morale ma anche economico come attestato di merito e dignità di chi lavora e produce benessere.

M.F. Credi nella possibilità di attuare una nuova rivoluzione nel mondo del Teatro, proprio come fece Franca Valeri nel primo dopoguerra?


Credo che con il Teatro si possa fare tutto. Ma per una vera rivoluzione occorre coraggio e non lasciarsi travolgere dall’onda di mediocrità che ci soffoca. Bisogna essere rivoluzionari ma non utopici. Veri, concreti, capaci ti portare avanti i propri progetti senza farsi reprimere dalle avversità causate spesso dalle istituzione. E’ importante anche non smettere di ricercare la propria strada, sia che si faccia Teatro classico che contemporaneo. Ma non bisogna isolarsi e disperdere le proprie energie. E il messaggio per i giovani allievi è proprio questo, andare avanti e credere nella forza del cambiamento.

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