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“L’Incantatrice di numeri”, la prostituzione nell’era del web al centro del romanzo-inchiesta di Maria Bellucci

Com’è cambiato il mestiere più antico del mondo al tempo di internet? Lo racconta Maria Bellucci nel suo “L’incantatrice di numeri”, un libro che fornisce una panoramica sulle nuove tendenze e sulle figure professionali, spesso celate dietro denominazioni elusive, che offrono sesso a pagamento in rete

Maria Bellucci, origini abruzzesi, studi di Lettere e Filosofia, giornalista pubblicista, vive e lavora a Milano. Nel 2016 ha pubblicato “La Bella Costituzione”, un’opera scritta ai tempi del Referendum costituzionale, dove il corpo femminile, negli scatti artistici che affiancano gli articoli e le disposizioni, funge da contenuto e non da contenitore.

“L’incantatrice di numeri” appartiene al genere della narrativa d’inchiesta, cioè a quella forma peculiare di romanzo che si avvicina al giornalismo d’inchiesta per l’oggetto – l’indagine su problematiche sociali, economiche, politiche ed etiche d’attualità, con l’intento di informare e far riflettere il lettore – ma se ne differenzia per lo stile e l’uso di tecniche narrative proprie del romanzo-racconto, nonché per il punto di vista soggettivo ed emozionale.  

Il titolo richiama Ada Lovelace, figlia del poeta Byron e brillante matematica del XIX secolo, definita appunto “Incantatrice dei numeri”. In suo onore, nel 1979, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti chiamò Ada un linguaggio informatico che unificava principi e tecniche provenienti da diversi paradigmi di programmazione. L’autrice ha visto in ciò un nesso con la sua inchiesta che riconduce a un’unità organica il vario mondo della prostituzione vecchia e nuova, in rete, in strada e indoor, sottolineando l’obsolescenza della legge Merlin e la sua inadeguatezza rispetto ai tempi d’oggi. La legge n. 75 del 20 febbraio 1958, nota con il nome della senatrice che la promosse, aboliva la regolamentazione della prostituzione, proponendosi la lotta contro lo sfruttamento dell’amore mercenario.

Protagonista del romanzo è Mia, una giovane donna apparentemente riservata ma passionale, tenace e intuitiva. La giovane, che aspira a fare la giornalista, realizza un’inchiesta sul variegato mondo della prostituzione, indagata sia dal punto di vista dell’offerta, cioè delle donne che la esercitano, sia dal punto di vista della domanda, ovvero dei clienti. Con l’intento, poi trasceso, di realizzare una sorta di “vocabolario” del sesso a pagamento. Per addentrarsi in questo mondo fatto di chat, portali d’incontri a pagamento, siti di annunci, web cam per il sesso virtuale e applicazioni per incontri reali, Mia si infiltra nel mondo delle chat erotiche e dei siti di incontri. Ciò le consentirà di conoscere più da vicino uomini e donne che lo popolano.  

Attraverso interviste raccolte o carpite sul campo, Mia delinea un variegato mondo di figure femminili, alcune spinte dalla necessità economica, altre dall’avidità e dall’ambizione, altre ancora dal puro piacere. Puttane, prostitute o prestate, come l’autrice le definisce. Colpiscono, in particolare, le storie tristi di donne che fino a qualche tempo prima avevano una vita e un lavoro normale e che, a causa della crisi economica, del licenziamento del partner o di una malattia in famiglia, sono costrette a prostituirsi per pagare le bollette, le cure o la retta scolastica per i figli. Accanto alle classiche accompagnatrici di alto bordo o alle donne di strada, che il web rischia di lasciare senza lavoro, il mercato del sesso si va popolando di nuove attrici. Come le nigeriane e le donne dell’Est, più economiche delle italiane. O le tante “arrampicatrici sociali” desiderose di affermarsi, pur senza talento, nel campo dello spettacolo o del cinema. E ancora di altre figure che si muovono su un confine più sfumato e ambiguo, quali le wing woman, le tavoline, le web croupier e via dicendo.

I clienti, conosciuti in chat e negli annunci, sono spesso uomini d’affari o manager desiderosi di un’avventura, troppo impegnati o distratti dal lavoro per permettersi una relazione stabile; uomini creduloni e ingenui o, ancora, persone con una vita normale ma dai vizi inconfessabili. Un mondo sommerso, questo, che genera fatturati miliardari. E che sfuggono interamente al fisco per la resistenza morale, e forse anche culturale, dello Stato a normare il fenomeno e a regolamentare il lavoro sessuale. Sul web, infatti, le case chiuse seppur “virtuali” sono sempre aperte. Con buona pace della legge Merlin. Mia, tra confidenze di donne e chat con uomini, conoscerà un uomo addentrandosi in prima persona, per un’unica volta, nel mondo dei sentimenti raggirati.

Una storia intrigante, quella raccontata ne “L’incantatrice di numeri”, che si sovrappone alle storie reali delle donne intervistate. E che ci mostra in filigrana lo spaccato sempre attuale di un’Italia perbenista, in un tempo tecnologicamente sviluppato e moralmente arretrato. 

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