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“LEONARDO”, QUANDO LA FICTION INCONTRA L’ARTE

Intimismo, bellezza e conflittualità nell’interpretazione di Aidan Turner nel serial che riporta il pubblico ai fasti della genialità

di Paolo Marra

Lo storico dell’arte Giorgio Vasari ne “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori” descrive Leonardo Da Vinci come “meravigliosamente dotato di bellezza, grazia e talento in abbondanza”.

È la descrizione perfetta del Genio carismatico avvolto dall’aurea intangibile del mistero tanto affascinante quanto lontano dal nostro quotidiano. La serie internazionale “Leonardo” ci restituisce l’aspetto più intimo dell’artista simbolo del Rinascimento nascosto dietro il fascino soprannaturale dell’immagine a noi più familiare. Un uomo in conflitto con i “moti interiori” dell’anima, fragile e per certi versi insicuro in relazione ai propri sentimenti e aspirazioni al tal punto da rincorrere ossessivamente la perfezione della realtà per farla divenire nelle sue straordinarie opere specchio della limitatezza dell’uomo al centro dell’universo infinito.

Il successo di pubblico della fiction è da ritrovare, tra le altre cose, dall’aver saputo tratteggiare la figura di Leonardo Da Vinci – interpretato dall’attore irlandese Aidan Turner – dal punto di vista umano prima che da quello artistico e storico-documentaristico, un uomo “vitruviano” con i piedi ben piantati a terra che cerca di toccare il cielo con l’insaziabile voglia di sapere, di dissezionare le parti del tutto, all’apparenza inconoscibile, per osservarle dal di dentro.
Non poteva essere altrimenti in una società rinascimentale nella quale la paura del fallimento diventa prerogativa individuale e non più collettiva, l’homo faber che prende coscienza delle proprie doti e capacità scorgendo la possibilità di poter dominare la Natura con la Ragione racchiusa nelle Arti e il Sapere.

Lo spettatore assiste, quasi complice, nello svolgimento della serie, allo svelamento delle ambiziose potenzialità del Genio Leonardesco, talmente ampie e moderne da risultare non spendibili nella vita dell’uomo, sì Genio incomparabile, ma comunque mortale.

L’invenzione narrativa dell’accusa di omicidio a carico di Leonardo Da Vinci per aver avvelenato Caterina da Cremona- interpretata dall’attrice italiana Matilda De Angelis, personaggio anche questo di fantasia- con la conseguente indagine da parte dell’ufficiale del Ducato di Milano è un espediente, per di più ben riuscito, per raccontarci l’analessi narrativa degli avvenimenti nei quali la produzione delle sue opere più famose prende vita. Non c’è da scandalizzarsi, le vite dei grandi personaggi della storia sono state spesso rimaneggiate – qualcuno dirà romanzate- nelle riletture a posteriori, vuoi perché le parti del puzzle storiografico risultano oscurate nel tempo per esigenza o negligenza o vuoi per adattarle all’immagine che vorremo esse prendessero nella percezione della modernità del tempo presente.

Se poi la discussione storica si accende anche sugli aspetti più conosciuti del personaggio in questione, suggerendo supposizioni o opinioni di vario genere, il tutto finisce nel vicolo cieco dell’azzeramento del contenuto in favore della forma. Quando si esalta la sostanza senza troppo intaccare l’agiografia storica si può parlare a ragione di prodotto ben riuscito – con tutte le aporie comuni al prodotto televisivo- in grado di stimolare l’attenzione e spingere all’approfondimento utile a colmare ancora una volta le lacune lasciate per strada nel continuo aggiornamento del passato visto con lo sguardo di oggi.

È questo il mistero della conoscenza racchiuso nella vita e nell’opera di Leonardo Da Vinci, quel mistero ammaliante che continua ad affascinarci e a spingerci ad osservare e riosservare i particolari nascosti dietro o dentro le figure in primo piano con la convinzione straniante di essere riusciti a cogliere finalmente quel qualcosa che puntualmente ogni volta ci sfugge via.

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