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SIMONA SEVERINI, L’ARTE DELLA MUSICA GIOVANE

La giovane cantautrice milanese svela i segreti della sua alchimia musicale fatta di un sapiente impasto di linguaggi

di Paolo Marra

Con la sua inseparabile chitarra e una voce intensa, capace di far vibrare le corde emozionali più profonde del pubblico, Simona Severini si presenta come una delle giovani cantautrici più apprezzate del panorama italiano. La cantante, con alle spalle una formazione sia in musica classica che in jazz, vanta già svariate collaborazioni con musicisti e cantanti nostrani, tra gli altri Ron, Pacifico, il pianista e compositore Enrico Pieranunzi, il clarinettista Gabriele Mirabassi e Gegè Telesforo nel suo ultimo disco “Il Mondo in Testa” nel brano “Mille Petali”. Nel 2012 pubblica il suo album di debutto “La Belle Vie” ispirata alla musica del compositore francese Gabriel Fauré a cui segue la partecipazione all’ultima edizione di Sanremo Giovani con il brano “Una cosa bella”, scritto interamente da lei. Ma è nella cover del brano “Futura” dell’indimenticato Lucio Dalla, in una versione chitarra e voce, che Simona Severini mette in luce tutto il suo straordinario talento unito a una semplicità disarmante, che non nasconde le idee chiare di una giovane cantante di cui sentiremo parlare a lungo.

Quando nasce la tua passione per il canto e di conseguenza per la musica?

Ho cominciato a studiare a 6 anni chitarra classica. Ho sempre cantato prima da sola e poi iscrivendomi a vent’anni alla scuola Civica di Jazz dove ho studiato con Tiziana Ghiglioni, e da lì ho iniziato ad entrare in quel tipo di mondo.

Oltre al jazz, un’altra passione che hai coltivato è stata quella per la musica classica.

Un po’ per studi e un po’ è stato sempre un hobby, una passione che ho mantenuto facendo altro. Il mio primo disco era un lavoro dedicato al compositore Gabriel Fauré, un tentativo di unire la musica classica e il jazz. Poi ho avuto per un po’ di tempo un progetto dedicato al compositore Claudio Monteverdi: avevo arrangiato dei brani di musica antica usando dei suoni più contemporanei e folk con la voce, la chitarra e il contrabbasso.

Quali sono i miglioramenti strutturali all’interno del mercato discografico che possano permettere ai giovani musicisti di avere più visibilità non avendo come unica sussistenza gli introiti legati ai concerti, come tristemente ci sta facendo capire questo momento che stiamo passando?

In questo momento è difficile capire come la musica possa costituire una fonte di reddito al di fuori dei concerti che in questo senso sono la parte maggiore di guadagno. Io non credo che ci sia un problema per quanto riguarda lo spazio dato ai giovani, anzi il mercato è molto proiettato verso i giovani, semplicemente a volte in un mercato piccolo come può essere quello italiano non c’è tanta diversità. C’è un appiattimento per quanto riguarda gli ascolti nel senso che la musica suona un po’ tutta uguale, da una parte questo è dovuto alle ondate generazionali in cui le varie generazioni si sono formare con ascolti simili e con riferimenti simili, dall’altra parte è dettato in realtà più da principi economici che da quelli musicali. Bisognerebbe fare prodotti musicali che siano competitivi a livello internazionale, questo non succede spesso in Italia.

Hai spaziato in contesti musicali molto diversi tra loro collaborando con musicisti come Ron, Pacifico, il pianista Enrico Pieranunzi e altri. Quale apporto ha avuto questo nella tua crescita artistica?

Mi hanno fatto crescere molto sia artisticamente che umanamente. Abbastanza presto ho pensato che non avevo voglia di rinchiudermi in una scuola ma piuttosto suonare insieme ai musicisti che mi piacevano, e imparare così. Ho imparato tantissime cose e imparo ogni volta che ci vediamo con Enrico Pieranunzi, ma anche da tutte le persone con cui ho lavorato. Poi a un certo punto ho fatto la mia ricerca, e quando è stato il momento giusto, ho iniziato a scrivere e cantare cose mie.

In particolare come e quando ti sei incrociata con Enrico Pieranunzi ?

Ci siamo conosciuti alle “Scimmie” il noto locale di Milano. Lui stava suonando in trio con il contrabbassista Ares Tavolazzi ed il batterista Enzo Zerilli in un concerto di standard, e io ero con Franco Fayez che me lo ha presentato. Gli ho dato un piccolo demo, solo pianoforte e voce, che avevo con me del lavoro che stavo facendo su Gabriel Fauré, Mi scrisse in seguito che gli era piaciuto e mi ha mandato dei suoi pezzi che poi sono andata a provare a Roma. Ed è cosi iniziata la nostra collaborazione con il primo lavoro dal titolo “My Songbook“ a cui è seguita una partecipazione a un suo disco dedicato a Claude Debussy e la registrazione del brano “Futura” di Lucio Dalla che abbiamo fatto insieme per un disco dal titolo “Dalla in Jazz”, una raccolta di brani del cantautore fatti da diversi musicisti jazz.

Che cosa hai provato nell’affrontare il repertorio di un importante cantautore italiano, com’è stato Lucio Dalla?

Quanto canto un brano di un altro compositore non mi rapporto con chi l’ha scritto ma mi relaziono con il pezzo cercando di farlo mio. Cerco nella canzone ciò che può avere un significato per me, rielaborandola ma lasciando comunque sempre qualcosa dell’originale che può essere di Lucio Dalla, Nick Drake o di altri.

Poi sei arrivata quest’anno a Sanremo Giovani con il brano “ Una cosa bella”: che cosa ha rappresentato per te questa esperienza?

Un esperienza nuova. È stato molto divertente e mi è piaciuta molto anche se non sono arrivata fino alla fine. Sono andata con un brano scritto da me, sia musica che parole. Il testo anche se parla di una storia d’amore finita male ha una sua leggerezza, non vuole essere un brano particolarmente impegnato, anche se io mi impegno molto anche quando non scrivo testi “impegnati” perché non è facile se vuoi che abbiamo un senso e stiano in piedi.

Che cosa vedi da qui a pochi mesi per i giovani artisti come te, visto il difficile momento che stiamo vivendo?

Cerco di essere realista, non c’è nessuna certezza sul come e quando si potrà riprendere a fare concerti. Io sono di base una concertista anche se mi piace scrivere e lavorare a casa o in studio. Io credo che si potrà iniziare a fare concerti nel 2021, dubito che si potrà pensare di fare concerti prima o anche solo in autunno. Spero che ci sia l’opportunità di organizzarci con il digitale avendo un sistema di live in streaming che però abbia un minimo di riscontro economico e renda questo lavoro sostenibile. Sarebbe auspicabile avere dei fondi o quantomeno un sistema previdenziale per poter sopravvivere, ma dobbiamo fare i conti con il fatto che siamo un Paese molto indebitato con problemi economici che non sono arrivati con il virus ma c’erano anche prima, e ora la situazione è peggiorata.

Tu nel frattempo stai preparando qualcosa per un eventuale lavoro discografico?

Io sto scrivendo, ma non ho intenzione di fare uscire un lavoro nuovo finché la situazione non migliora. Sarà un lavoro che rispecchia quello che ho fatto nel l’ultimo periodo di due, tre anni girando da sola, facendo concerti in Italia e all’estero, chitarra e voce, cantando pezzi miei in italiano. Ho fatto un tour da sola in Italia e Europa suonando al London Jazz Festival, ad Oslo e in altri posti, e volevo in qualche modo fotografarlo con un disco.

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